Premessa: quest'estate, per un buffo scherzo della sorte, io e Topo ci siamo trovati in Germania, e più precisamente a Friburgo in Brisgovia (speriamo che si scriva così)..
Chi è capitato in Germania in macchina o in pullman saprà benissimo come autostrade e statali siano cosparse di simpatici cartelli gialli con la scritta “Ausfahrt” e una vistosa freccia. A quel punto ti chiedi che razza di città sia Ausfahrt, e quanto accidenti sia grande, e perché “tutte le strade portano a Roma” se in Germania tutte le frecce portano a Ausfahrt..
Perché “Ausfahrt” in tedesco sta per “uscita”: invece di indicare direttamente la città a cui l'uscita conduce, ti lasciano in balia di te stesso, ed eventualmente del tuo navigatore e dei segnali piantati dieci metri prima (e ormai inutili), ma ti segnalano bello chiaro che da lì puoi dire addio alle vie a rapido scorrimento ed abbandonarti ad un ovino vagare.
Ecco uno degli aspetti più belli e divertenti dei viaggi, e detto da me che vivo secondo la logica della lumaca (“fortunata, lumachina: sulla groppa hai la casina”) ha un che di cosmico: constatare e spesso sbattere la testa su tutti quegli scarti, aspetti, minuzie che costruiscono il “lost in translation” delle civiltà, quelle cose che tu trovi assurde ma che la persona di fronte a te, due gambe e due braccia e un idioma incomprensibile ai più, trova assolutamente normali.. Ovviamente divertenti a posteriori, quando riguardi le fotografie, che lì per lì t'ammazzeresti con le tue mani..
Oppure ancora: io e il Topo ci siamo dannati per trovare dei miseri francobolli. In Italia li compri in qualunque tabaccheria, ma se ti avvicini ai gabbiotti-tabacchi agli incroci e domandi al prototipo della tabaccaia/giornalaia tedesca (biondo paglia, troppi anni e rughe e un assoluto rifiuto di ogni forma di lingua inglese) questa non saprà far altro che darti indicazioni sgangherate in un tedesco irto di sfumature dialettali. E poi per una botta di culo troverai i francobolli nella libreria della stazione.
A tavola le discrepanze aumentano, e senza un profondo senso d'adattabilità sei assolutamente finito: la pasta è riciclata come un accompagnamento del secondo piatto, un'interessante mezza via fra un'insalata e un filone di pane; il suddetto pane è potenzialmente fatto con tutto, dalla segale ai pinoli: lo devi rigorosamente imburrare e nel companatico l'affumicato è re. Le donne tedesche fanno da sole la marmellata in piccoli vasetti colorati, e fanno marmellate con tutto, pesche e zenzero, mele, bacche rosse del giardino.. Il risultato sono stati tre giorni di sperimentazione culinaria, superati brillantemente con un minimo di spirito d'avventura e senza incidenti gastrici, con mio profondo stupore..
Se sei italiano il divertimento tra l'altro aumenta: i prodotti provenienti dalla Toscana o dalla Calabria si sprecano, e in Germania la parola “Italia” è sinonimo di sano, biologico, pulito, bello; io stessa in altra occasione ho visto delle tedesche in gonnellina sedute sul marciapiede della stazione a Bologna che mangiavano allegramente fra piccioni e mozziconi di sigaretta. Come dire, brivido, orrore, raccapriccio.. Pensare “italiano=sano” quando noi soffochiamo in mezzo agli scarichi e alle polveri sottili? Da ribaltarsi dal ridere..
Detto francamente, tornare in un'Italia che in piena campagna colora le villette a schiera in due modi diversi (tipo giallo e rosa) secondo i gusti inconciliabili degli orgogliosi abitanti, che abbatte le case di mattoni indistruttibili per allestire un trionfo dei foratini, che relega il verde ai simboli di partito sulle facciate delle scuole e costruisce e cementifica come un'ossessa non è stato facile. E nonostante il gap culturale.
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