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venerdì 24 settembre 2010

Venezia

Fra le case di Venezia c'è una magia particolare, un respiro che le percorre tutte, che dona un'identità definita ad ogni stucco, ad ogni intonaco, ad ogni trave ammuffita sotto un portico, a prescindere dalle mille storie dei mille e più abitanti lungo i secoli; nei vicoli stretti e nelle viuzze occhiute di mille finestre la città ti stringe in pugno e quasi ti soffoca, e poi all'improvviso ti lascia andare nell'aria e nel sole di un campiello, a chiederti cosa ti fosse accaduto fino a pochi istanti prima; a Venezia il blu ha le sfumature del lapislazzuli, il rosso si sfalda in mille toni diversi, chiari e scuri, luminosi e spenti; Venezia è la decorazione che timida fa capolino dal più semplice degli edifici  o ostenta sé stessa nei palazzi del Canal Grande, è la città del silenzio e del rumore insieme, il silenzio delle vie secondarie senza le auto e poco più in là lo schiamazzo di mille turisti che la osservano rapiti. Venezia è il rumore dell'acqua, l'odore del mare morto, le scale di un ponte che attraversa un canale. Venezia è lo scintillio del vetro da poco nei negozi per turisti intorno alla stazione, e l'ammiccare dell'oro e dei diamanti nelle vetrine di piazza San Marco, dove un caffè costa come il pane di una settimana e ti vendono gioielli con la stessa noncurante semplicità delle sigarette.
A Venezia dietro ogni angolo si nasconde un quadro, e ti viene quasi voglia di comprarti un album, gli acquerelli e restare lì a dipingere per il tempo necessario a restituire intatta tutta quella bellezza, giusto quei due o tre anni che bastano allo scopo. A Venezia il negozio il lusso si nasconde nel più umido e buio dei vicoli, perché il legno annerito, sordido e squallido da qualunque altra parte, a Venezia assume un suo senso, e diventa parte di un tutto che della decadenza ha fatto una bandiera.
Ogni città ha un suo modo di parlarti: quelle piccole in provincia, né troppo grandi né troppo piccole, ti accolgono amorose, vedi il cielo e la strada è a tua misura; quelle grandi sono sempre diverse da sé stesse, molti piccoli centri in uno e ognuno parla un suo linguaggio.
La lingua di Venezia non ha eguali: ti sussurra lusinghe all'orecchio, ti racconta storie d'Oriente, di maschere e d'oro, di notti popolate da assassini e nebbia; ti parla d'amore e si permette di scherzarci su nell'ammiccare di una finestra al sole o nelle volute di un glicine abbracciato ad un portico.

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