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mercoledì 16 giugno 2010

Perdonami Gabriel!

Ogni volta che rileggo "L'Amore ai tempi del colera", splendido romanzo di Gabriel Garcia Marquez, non posso che restarmene attonita e afflitta da un dubbio: ma che cos'è l'amore?
Benvenuta nel club, direte voi..
Passo a spiegare.
La storia è semplice: due ragazzi si innamorano di quella passione cocente e assoluta che si può provare solo a quindici anni, vogliono sposarsi ma il padre di lei non è d'accordo perché per la figlia vuole qualcosa di più. Allora la trascina in un viaggio di due anni attraverso i villaggi della Colombia. I due ragazzi restano in contatto, sempre più convinti. Ma al ritorno la ragazza, cresciuta, più donna in qualche modo, padrona ora della sua vita, si accorge che tutta la passione provata altro non è che un'illusione, un "inganno della memoria". E con grande dolore di lui chiude la storia.
Lei si sposerà con un brillante giovane dottore, bello, ricco, di alto lignaggio, innamorato di lei come un capriccio, con cui farà due figli e con cui vivrà un matrimonio assolutamente NORMALE (particolare attenzione a questa parola), condito anche di separazione, litigate cretine e ripicche, corna e quant'altro. Salvo poi, al momento di morire, guardare lei con occhi lucenti e dirle "Dio sa quanto ti ho amata".
Funerale. La sera stessa si ripresenta il fidanzato di gioventù e le riconferma un'amore che in quel momento è datato più di cinquant'anni. Lei prima lo scaccia, poi lo riconsidera, poi stringe con lui una relazione prima umana che sentimentale, e alla fine parte con lui in battello: una deliziosa coppia di anziani.
La prima domanda è: cosa vuole dirci l'autore? (perdonate il piglio da professoressa di italiano)
Che il primo amore non si scorda mai? Può anche darsi.
Ma leggete in particolare la parte iniziale del libro, la descrizione di come la moglie accudisce il marito ormai anziano, di come ne sostiene insicurezze e paure, a modo suo, certo, non tutte le donne sono uguali. Leggete il racconto della loro prima notte insieme, di tutte le ripicche cretine che animano un matrimonio, del recupero della coppia dopo un tradimento. É lì che io ho visto l'amore, ho visto quello che tiene insieme me e il Topo, non una passione bruciante che tutto consuma, ma la gioia e la fatica delle piccole cose, la tenerezza infinita di fronte alle paure del compagno e insieme la rabbia di sentirsi traditi da quelle insicurezze, la dolcezza delle abitudini insieme.
E, a rifletterci, se gli originari fidanzati possono recuperare una relazione che, per come la vedo io, non c'è mai stata, è solo perché lei, cresciuta e donna, sa dirigere la relazione nella difficile strada della quotidianità, dove non si può essere Tristano e Isotta o Romeo e Giulietta, ma semplicemente Homer e Marge Simpson.
Io da questo libro imparo sempre qualcosa: che l'amore vero non sta negli slanci, quella è un'illusione, ma nella vita insieme, con piccole miserie e gioie infinite. Che se sai affrontare quelle meschinità certo non avrai la sicurezza di una passione da romanzo, ma presto o tardi guarderai nuovamente il tuo uomo o la tua donna e ti ricorderai di quanto la ami.
Se poi non è questo il succo del romanzo, perdonami Gabriel.

2 commenti:

  1. E' vero: amiamo perderci dentro al dolore inquieto di Florentino, e juvenal ci passa davanti come un fantasma, che però in realtà lo è per 50 anni densi di storie, di cose, di vicinanze, in effetti di amore. Noi lettori tendiamo a scegliere diversamente da Fermina,ma forse nella vita scegliamo come lei molto più spesso..

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  2. E per esperienza personale ti dico: menomale che è così..

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