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martedì 8 giugno 2010

Il viso dell'eroe

L'orario sulla locandina, se così la si può chiamare, è alle cinque.
Alle quattro e mezzo esco di casa: so già che ci sarà folla, e non mi sbaglio. La coda per entrare nella grande sala arriva fino a metà della scalata d'ingresso.
Pazientemente mi metto in fila. Mano a mano che avanziamo osservo: studenti, profesori, anziane con la collana pesante e il foulard, professionisti, fricchettoni. Tutti insieme.
Chissà se ci passeranno al metal detector..
Per fortuna il carabiniere in servizio all'ingresso si limita gentilmente a farci entrare dieci per volta. Mi sporgo verso il tavolo alla destra della porta, e ancora la volontaria della protezione civile ribadisce: "Dieci per volta". Io volevo solo il programma. Lei mi guarda imbarazzata.
Entro. Mi dirigo subito verso uno dei posti vuoti in ultima fila. Non vale la pena di vagare per cercare un posticino vuoto più avanti. Molti lo fanno, ma pochi hanno fortuna. La sala è strapiena: tutta la cittadinanza si è riunita per l'occasione. Non posso fare a meno di domandarmi quanti sono lì per una questione di coscienza civile e quanti invece per godersi il fenomeno da baraccone, per vedere l'animale in gabbia. Vicino a me due ragazzi vestiti da alternativi. Fanno discorsi grandi, di solidarietà sociale, giustizia, legalità. E non lasciano sedere la signora incinta che resta in piedi alla fine della fila proprio accanto a loro. Sto per alzarmi ma la maschera gentilmente la accompagna davanti, in uno dei posti riservati.
Aspettiamo.
Quando lui entra lo senti istintivamente, come se un'aura fortissima fosse penetrata con lui nella stanza. Tutti si alzano e applaudono.
Roberto Saviano è un ragazzo magro, non molto alto, vestito con una giacca e un paio di jeans. Ma il qualcosa di diverso glielo leggi in faccia. La sua e quella dei tre uomini che lo accompagnano, che fanno gli indifferenti ma tanto lo sappiamo tutti perché sono lì.
Mentre sono in piedi e batto le mani sento una sensazione sgradevole alla bocca dello stomaco: la sensazione di avere davanti una vita bruciata, un uomo morto che cammina, una vittima sacrificale.
Un eroe.
Roberto Saviano parla: di mafia, di libertà di stampa, di politica con una dignità, tutte cose più grandi della parola che le contiene. Ma parla anche della difficoltà di vivere sotto scorta, del non poter avere rapporti umani come tutti, dell'odio che tutte le mattine prova contro il libro che ha scritto, delle critiche che sopporta in nome di un principio: far si che la gente capisca e partecipi.
Alla fine dell'intervista, delle parole stupide di circostanza del solito moderatore, che se non ci fosse sarebbe meglio, la folla si alza.
Io esco prima che posso, mi allontano dal casino della folla acclamante. Giro l'angolo e sento applaudire.
La sera scopro che mia sorella era di fuori sulla piazza, ad assistere all'intervista sul maxischermo allestito per l'occasione. Mi ha detto che ha aspettato, per essere sicura che lui salisse sull'auto sano e salvo.

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